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al testo di Teresa Cassani
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PER UNA CASA
È là che protende la sua cima bruciata verso il cielo. Le travi lunghe, nere, lasciano vedere il retro con i rami degli alberi negli squarci ampi del tetto: le aperture dicono della devastazione. La costruzione antica mostra la sua faccia sfigurata, le persiane carbonizzate precipitate ai suoi piedi. Una violenza inaudita, una follia senza senso si è abbattuta, allo stesso modo delle mitragliate di ottanta anni fa, sulla signora di pietre che ora rivolge una muta preghiera verso l'alto. Ci raccogliamo a guardare nel recinto delimitato dal nastro zebrato bianco e rosso, mentre i vigili del fuoco issano gli elmetti sulla testa. I carabinieri varcano il cancello, dalla parte laterale per non togliere i sigilli, e rimangono immoti lungo la salita. C’è un senso di ferma nell’aria, di sospensione dei pensieri, di emotività latente. Nessuno commenta, nessuno esclama: non ce n'è bisogno. Dobbiamo recuperare degli oggetti. A me preme la macchina, rimasta nel garage, a mio cugino i quadri che suo padre donò al cognato. Ci sarebbero dei mobili antichi da salvare, dei piatti belli, ma adesso non siamo in grado di pensare: accusiamo il colpo allibiti, ci rivoltiamo nella stanchezza delle energie perse. Sul retro, c’è una grata divelta in parte e piegata all’insù. Il vetro della finestra corrispondente è rotto. Il portone dalle ante massicce scardinato e aperto. E' vietato entrare, possiamo solo guardare. Ai carabinieri interessa trovare la pistola, regolarmente denunciata presso la caserma: il maresciallo teme che sia stata rubata e che potrebbe causare guai. Salgono al primo piano. Io penso che sia andata smarrita. Chissà che cosa ne ha fatto mio padre. E invece mi sbaglio. Dopo un quarto d’ora, scendono con un sacco militare in mano pieno di munizioni, un sestante, un cannocchiale e una scatola impolverata dove è custodita la Smith e Wesson del vecchio proprietario. Missione compiuta: hanno espletato il proprio compito e il maresciallo ha già concluso che le fiamme si sono propagate perché i visitatori notturni, dopo aver messo a soqquadro le stanze, hanno buttato negligentemente una cicca da cui, la prima sera, si è sviluppato l’incendio in una camera, e in seguito, nella seconda giornata, l’autocombustione all'interno delle travi ha diffuso le fiamme nell'area del solaio. Tutto è considerato risolto. Si sa che dei balordi la stessa notte hanno messo a punto in zona, nel raggio di venti chilometri, assalti ripetuti ai danni di abitazioni disabitate e perciò anche di questa. La faccenda è chiusa. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Per una casa, nido di affetti. Testimone di un secolo. Deposito di antichità e ricordi. Piccolo museo di civiltà contadina. Archivio fotografico di passate memorie. |
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